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Interruzione di Gravidanza


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Sono d'accordo con Lady Monica e Maya; l'obiezione di coscienza poteva avere senso per chi aveva cominciato la carriera prima che entrasse in vigore la legge, ma adesso un futuro ginecologo sa a cosa potrebbe andare incontro e se praticare un'interruzione di gravidanza lo turba allora dovrebbe scegliere un'altra specializzazione.

 

Non mi piace chi si permette di criticare da fuori una donna che sceglie di intraprendere questa strada; a parte rari casi (purtroppo ci saranno quasi di sicuro delle donne che vedono un aborto solo come una faccenda da sbrigare e bon) tutte sono consapevoli di quello che stanno facendo e penso che ci si porti dietro il segno di quell'esperienza per molto tempo.

Ognuna può avere i suoi motivi, magari aveva anche già preso precauzioni che non hanno funzionato,... Anche continuare una gravidanza che non si vuole e poi dare il bambino in adozione credo che non sia semplice psicologicamente.

 

Concordo doppiamente con Lady Monica sull'educazione sessuale, non solo in riguardo alle gravidanze ma anche per evitare malattie (ma questo è un altro discorso e penso fosse sottointeso).

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io posso decidere di fare il ginecologo per cercare di salvare più bambini e donne possibile dalle complicazioni della gravidenza, e in generale tutelare la salute dei miei simili. E pertanto, logicamente, allo stesso tempo rifiutarmi di fare aborti, avendo essi, per buona/massima parte, nulla a che vedere con la tutela della salute.

 

Effettivamente questo ragionamento ci può anche stare. Il problema è che - data l'approvazione da parte dello stato - serve un'istituzione pubblica che assicuri il servizio dell'aborto, rendendolo facilmente accessibile.

Insomma: credo sia un po' come se dopo l'approvazione dell'adozione per gli omosessuali, i giudici dei tribunali minorili impedissero a tali persone di adottare appellandosi alla loro "libertà di coscienza".

 

La cosa, volendo, potrebbe anche essere risolta creando una nuova tipologia di medico specialista: l'abortista. In questo modo, la cosa dell'obiezione di coscienza non avrebbe modo di essere tirata in ballo (in quanto l'aborto sarebbe l'unica mansione di tale impiegato) e si eviterebbero inutili polemiche e riflessioni. Inoltre, verrebbero a formarsi anche nuovi posti di lavoro! :blink:

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Allo stesso modo, io posso decidere di fare il ginecologo per cercare di salvare più bambini e donne possibile dalle complicazioni della gravidenza, e in generale tutelare la salute dei miei simili. E pertanto, logicamente, allo stesso tempo rifiutarmi di fare aborti, avendo essi, per buona/massima parte, nulla a che vedere con la tutela della salute.

 

 

Non sono d'accordo, un vero professionista deve prendere in considerazione ogni aspetto della propria professione e non può far finta che alcuni non esistano.

Ora la legge consente l'obiezione di coscienza ma, personalmente, a me un medico obiettore che decide di diventare ginecologo, magari andando a lavorare in un consultorio pubblico, non convince.

In quanto professionista mi aspetto che, essendo ormai l'aborto una pratica legale, si ponga la domanda se sia giusto intraprendere una professione con cui potrebbe scontarsi nel corso della sua carriera lavorativa, decisione che può rappresentare un ostacolo in determinati ambienti (ed è sempre giusto porsi la domanda "se tutti ragionassero come me, il diritto previsto dalla legge chi lo garantisce?")

Ok, non è l'unico aspetto della professione ma uno dei tanti e non si può far finta che non esista.

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La salute psicologica della donna che si ritrova ad essere incinta e non vuole diventare madre non conta?

Il servizio pubblico ha il dovere di fare quello che dice la legge e quindi se c'è la possibilità di effettuare aborti, lo si deve fare. Se poi non vuoi farli, ti dai al servizio privato e non li fai, ma se lavori in pubblico li devi fare.

 

la salute psicologica della donna può contare molto o molto poco, a seconda di come viene bilanciato tale interesse rispetto a quello alla vita del nascituro.

Dipende un po' dai punti di vista, ma non è una tesi assurda quella che individua nel feto un organismo vivente, umano, certo in divenire ma non per questo sottomesso alla versione moderna dello ius vitae ac necis, arbitrario e incontestabile, della madre.

 

 

Il servizio pubblico e lo Stato garantiscono la possibilità per tutti i abortire, non scherziamo.

Non garantiscono che tutti i medici/ginecologi lo facciano, ok, ma è cosa ben diversa.

Se vuoi abortire puoi farlo. Magari devi spararti 100 km di macchina o treno invece che farlo nell'ospedale sotto casa, ma non mi sembra una violazione di diritti.

 

Già l'aborto in tanti casi (non tutti, ma tanti) è poco più che un capriccio, una scelta comunque abbastanza egoista. Si vuole aggiungere un capriccio al capriccio pretendendo che venga fatto a domicilio o quasi?

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Non sono d'accordo, un vero professionista deve prendere in considerazione ogni aspetto della propria professione e non può far finta che alcuni non esistano.

Ora la legge consente l'obiezione di coscienza ma, personalmente, a me un medico obiettore che decide di diventare ginecologo, magari andando a lavorare in un consultorio pubblico, non convince.

In quanto professionista mi aspetto che, essendo ormai l'aborto una pratica legale, si ponga la domanda se sia giusto intraprendere una professione con cui potrebbe scontarsi nel corso della sua carriera lavorativa, decisione che può rappresentare un ostacolo in determinati ambienti (ed è sempre giusto porsi la domanda "se tutti ragionassero come me, il diritto previsto dalla legge chi lo garantisce?")

Ok, non è l'unico aspetto della professione ma uno dei tanti e non si può far finta che non esista.

 

 

discorso imho concettualmente molto sbagliato.

 

Lo Stato garantisce il diritto all'aborto, così come garantisce, per esempio, il diritto alla difesa nel corso del processo.

Chiunque voglia abortire, così come chiunque sia costretto a difendersi in processo, troverà un professionista che gli fornirà il servizio richiesto.

 

Tuttavia, ogni professionista è libero (entro determinati limite) di scegliere come esercitare la propria professione, quali operazioni effettuare e quali cause difendere.

 

L'ipotesi per cui "eh sì ma così si rischia di non trovare più avvocati o medici disposti a svolgere il servizio, come mio diritto", è semplicmente fantasiosa e irrealistica.

Può essere che in alcuni casi ci si debba sbattere un attimo di più per trovare il professionista in questione, ma neanche più di tanto, siamo seri.

 

Non riempiamoci la bocca di diritti quando in realtà si tratta semplicemente di piccole differenza nella comodità e velocità del servizio, comunque garantito a tutti (anche se non da tutti)

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Concordo in tutto con Lady Monica e aggiungo in maniera consapevolmente polemica e non mi interessa molto il politically correct che i ginecologi obiettori come i farmacisti che si rifiutano di dare la pillola del giorno dopo, dovrebbero essere per me radiati immediatamente dall'albo o comunque in reparto dovrebbe esserci sempre presente un medico laico.
Anche perché la maggior parte di questi pseudo tutori della vita, poi praticano aborti in cliniche private...insomma quando il valore del soldo supera qualsiasi tipo di morale.


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L'ipotesi per cui "eh sì ma così si rischia di non trovare più avvocati o medici disposti a svolgere il servizio, come mio diritto", è semplicmente fantasiosa e irrealistica.

Può essere che in alcuni casi ci si debba sbattere un attimo di più per trovare il professionista in questione, ma neanche più di tanto, siamo seri.

 

Senza alcuna polemica, ma sei davvero informato sull'argomento?

Dove abito io, in Campania, a volte nemmeno i 100 km ti garantiscono il servizio. Spesso ti accettano ,sei nella lista della tua ASL ma la lista è lunga i medici disponibili scarseggiano e guarda un pò cosa accade? Superi i tre mesi di gestazione e la tua richiesta va a farsi benedire. Considera che riesci a essere certa della gravidanza quando oramai sei già al primo mese.

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obiettori.jpg

 

Se abito sotto il Tevere e debbo abortire, ad occhio e croce debbo sciropparmi di più che il semplice fastidio di un oretta di macchina, come dimostrano anche questo articolo del Fatto Quotidiano e questo report internazionale che rivela come l'Italia abbia tra le percentuali più alte di obiettori di coscienza. Ad ogni modo il paradosso è concettuale: in Italia si legalizza l'aborto, ma contemporaneamente ci si adopera in ogni modo per far si che per le donne questa pratica risulti il più traumatica e difficoltosa possibile, prima con la battaglia per impedire la RU486, e poi con la proliferazione di obiettori di coscienza in ogni dove.

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Se abiti sotto il Tevere, senza voler essere razzisti, quanto a qualità ed efficienza della sanità l'aborto è l'ultimo dei tuoi problemi, probabilmente...

 

Comunque. Trovami un posto qualsiasi d'Italia che sia lontano più di 3-4 ore di viaggio dall'ospedale più vicino ove si praticano aborti.

Se me lo trovi ti dico bravo. Forse qualche paesino sperduto tra le montagne dell'Irpinia collegato al mondo esterno con strade sterrate, ma sinceramente se vivi imbucato in un posto dimenticato da Dio non è colpa di nessuno.

 

Il diritto all'aborto c'è. Non c'è scritto da nessuna parte che deve essere facile e veloce come ordinare un caffè al bar.

Per chi vive in centro a Milano è più facile, per chi vive in cima a una montagna meno. Ma vale per tante altre cose, eh.

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@Balon

 

Secondo il tuo ragionamento, possiamo quindi anche giustificare docenti di italiano che non usano il congiuntivo perché dichiarano che gli è formalmente antipatico, giornalisti che mescolano verità e dichiarate menzogne "perché in fondo io volevo fare il romanziere", giudici che non applicano una legge perché non ci credono ecc.

 

Una professione ed in generale un lavoro comportano tutta una serie di obblighi e doveri, oltre che di diritti. Se non ci piacciano o ci sembrano intollerabili, possiamo scegliere di fare altro (ecco la libertà).

 

Se la grande vocazione di un medico è salvare donne gravide e bambini, ma l'idea dell'aborto lo atterrisce, non ha di fronte a sé un vicolo cieco. Può infatti:

 

a) optare per una diversa specializzazione. Ce ne sono parecchie anche meno gettonate di ginecologia e quindi forse più socialmente utili.

 

b) scegliere pediatria, così pazienza le donne gravide, ma almeno i bambini... e qui niente aborti.

 

c) mettere tutto sul piatto della bilancia e considerare che tutto sommato - come dici anche tu - come ginecologo non ci si trova a praticare aborti a catena. Questa attività potrebbe rappresentare una percentuale marginale del lavoro, diciamo quella fetta di schifo che - ve lo garantisco - non manca in nessuna professione.

 

Francamente quello che vacilla più di tutto nell'obiezione di coscienza è il fatto di tirarsi indietro rispetto a qualcosa che fa parte del proprio lavoro e che comunque è parte di un contratto che è stipulato con una struttura che di fatto paga affinché il medico eserciti la propria professione. Paradossalmente, quindi, la questione potrebbe essere più giuridica che morale.

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@Maya, ragionamento ineccepibile.

 

@Balon hai risposto al mio commento in modo veramente illogico e deludente.

Se sei obiettore non vai a fare il militare, indipendentemente dai nobili ideali. Io parlavo di uccidere in generale ma, utilizzando il tuo esempio, se un superiore ordina di sparare ad un bambino o ad una donna, il subordinato deve farlo.

Vi possono essere mille motivi per ordinare una cosa del genere, se l'ordine è errato ne rispode il superiore, ma un ordine va eseguito.

Sempre sull'aborto, puoi fare il ginecologo per tutelare la salute delle donne, la vita dei bambini, la pace nel mondo, perché ti piacciono i peli pubici oppure i posti caldo-umidi, poco importa.

Un ginecologo cura un apparato. Stop. Se una donna vuole abortire, perché non deve poter farlo in una struttura pubblica a causa di un obiettore? Che senso ha? Egli fa un disservizio e scassa i maroni ai pazienti.

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Purtroppo quando si toccano questioni legate alla libertà di opinione, questioni che intaccano le proprie convinzioni etiche e morali, il confine tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, diventa sempre molto labile.

Proprio l'altro giorno stavo parlando con una ragazza che ha dovuto girare come una trottola una sera perchè non riusciva a trovare (ne ha trovati ben due, di obiettori di coscienza...XD) un posto in cui le dessero senza problemi la pillola del giorno dopo.
Io non dico che la legge faccia male a prevedere l'ipotesi di obiezione di coscienza. Ovviamente la legge deve prendere considerazione ogni fattispecie e cerca di farlo nella maniera più equa possibile. Il resto è rimesso al buon senso delle persone. Certo è che se nel 2016 si decide di intraprendere una certa professione, si dovrebbe anche tener presente che si sta offrendo un servizio, come molti di voi hanno sottolineato. Dal canto mio ho notato che spesso forse si rivendica l'obiezione di coscienza con troppa leggerezza, dimenticando che la propria professione in teoria (e anche molto in pratica) comporta, se non sempre comunque spesso, che si debbano fronteggiare certe situazioni delicate. Inutile cadere dal pero quando si conosceva benissimo la situazione... :ehmmm:
Diciamo che se il proprio pensiero è di un certo tipo, forse si dovrebbe pensare 100 volte a quello a cui si sta andando incontro, senza far diventare l'obiezione di coscienza un'uscita d'emergenza troppo comoda...

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e un superiore ordina di sparare ad un bambino o ad una donna, il subordinato deve farlo.

Vi possono essere mille motivi per ordinare una cosa del genere, se l'ordine è errato ne rispode il superiore, ma un ordine va eseguito.

 

In realtà può fare quello che pare e piace, in base alla sua coscienza.

Se poi i superiori vogliono metterlo sotto accusa per disobbedienza o diserzione o alto tradimento, cavoli suoi, sono questioni attinenti al diritto militare.

Qui si sta facendo un discorso etico, e si sta affermando la libertà e il diritto di un soggetto di scegliere una professione e poi esercitarla come meglio crede, in fede e coscienza.

Se commetterà violazioni, ci saranno sanzioni. Altrimenti ha tutto il diritto di agire come meglio crede, senza per questo doversi sentir dire "ma perché invece non sei andato a fare il falegname?"

 

Ripeto: io posso fare l'avvocato penalista perché voglio che anche i ruba galline abbiano un giusto processo. Ma posso tranquillamente rifiutarmi di difendere un serial killer reo confesso.

O avrei dovuto andare a fare l'archietetto, se non volevo aver a che fare con gli assassini?

Che discorsi.

L'assassino sarà difeso da qualcun altro, quindi il problema non si pone proprio.

 

 

 

Se una donna vuole abortire, perché non deve poter farlo in una struttura pubblica a causa di un obiettore? Che senso ha? Egli fa un disservizio e scassa i maroni ai pazienti.

 

ma questa è un'affermazione falsa. Di strutture pubbliche se ne trovano a bizzeffe, basta sbattersi un attimo e farsi 100 km di macchina.

Probabilmente c'è gente che se li fa con brio e allegria per andare a fare shopping all'Ikea più vicina ma se deve farli per abortire si indigna :stralol:

 

 

Secondo il tuo ragionamento, possiamo quindi anche giustificare docenti di italiano che non usano il congiuntivo perché dichiarano che gli è formalmente antipatico, giornalisti che mescolano verità e dichiarate menzogne "perché in fondo io volevo fare il romanziere", giudici che non applicano una legge perché non ci credono ecc.

 

Una professione ed in generale un lavoro comportano tutta una serie di obblighi e doveri, oltre che di diritti. Se non ci piacciano o ci sembrano intollerabili, possiamo scegliere di fare altro (ecco la libertà).

 

Se la grande vocazione di un medico è salvare donne gravide e bambini, ma l'idea dell'aborto lo atterrisce, non ha di fronte a sé un vicolo cieco. Può infatti:

 

a) optare per una diversa specializzazione. Ce ne sono parecchie anche meno gettonate di ginecologia e quindi forse più socialmente utili.

 

b) scegliere pediatria, così pazienza le donne gravide, ma almeno i bambini... e qui niente aborti.

 

c) mettere tutto sul piatto della bilancia e considerare che tutto sommato - come dici anche tu - come ginecologo non ci si trova a praticare aborti a catena. Questa attività potrebbe rappresentare una percentuale marginale del lavoro, diciamo quella fetta di schifo che - ve lo garantisco - non manca in nessuna professione.

 

Francamente quello che vacilla più di tutto nell'obiezione di coscienza è il fatto di tirarsi indietro rispetto a qualcosa che fa parte del proprio lavoro e che comunque è parte di un contratto che è stipulato con una struttura che di fatto paga affinché il medico eserciti la propria professione. Paradossalmente, quindi, la questione potrebbe essere più giuridica che morale.

 

Ma è proprio perché rappresenta una percenutale marginale del lavoro che tutto il discorso cade.

Io posso liberamente decidere di fare il medico ginecologo per tutta una serie di legittime ragioni che nulla hanno a che vedere con l'aborto, così come posso decidere di fare l'avvocato penalista per tutta una serie di ragioni che nulla hanno a che vedere con la difesa degli assassini.

 

Quindi, nel momento in cui arriva "il momento spiacevole", posso tranquillamente passare la mano. Tanto qualcun altro si trova sempre (e, solo se per assurdo non si trovasse, qualcuno dovrebbe per forza assumersi il compito, visto che comunque di tutela di un diritto si tratta).

 

Non vedo perché il professionista obbiettore debba essere considerato indegno o che.

Non è che l'aborto è qualcosa che solitamente si debba fare d'urgenza, o che se tarda di 1 giorno mette in pericolo la salute della madre. Aspetti due giorni, ti fai i tuoi 150 km e tutto finisce. Qual è il problema? In che modo il tuo diritto è stato violato?

Per esercitare molti diritti si è costretti a fare 150 km.

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Se abiti sotto il Tevere, senza voler essere razzisti, quanto a qualità ed efficienza della sanità l'aborto è l'ultimo dei tuoi problemi, probabilmente...

 

Comunque. Trovami un posto qualsiasi d'Italia che sia lontano più di 3-4 ore di viaggio dall'ospedale più vicino ove si praticano aborti.

Se me lo trovi ti dico bravo. Forse qualche paesino sperduto tra le montagne dell'Irpinia collegato al mondo esterno con strade sterrate, ma sinceramente se vivi imbucato in un posto dimenticato da Dio non è colpa di nessuno.

 

Il diritto all'aborto c'è. Non c'è scritto da nessuna parte che deve essere facile e veloce come ordinare un caffè al bar.

Per chi vive in centro a Milano è più facile, per chi vive in cima a una montagna meno. Ma vale per tante altre cose, eh.

 

A parte che la signora che abita in Irpinia ha gli stessi diritti legali di una che vive a Milano. Per dire eh. Quindi ha diritto come la milanese di accedere a un diritto che dovrebbe essere garantito per legge ma che di fatto non lo è.

 

Quello che tristemente non calcoli è la tempistica estremamente stretta.

 

Considera che se una donna ha 7 giorni di ritardo è già al 37° giorno di gestazione, a meno che le sue mestruazioni siano irregolari (come accade spesso). Quindi possono passare altri 7 giorni almeno. Se l'ultima mestruazione è stata molto scarsa potrebbe essere incinta dal mese precedente e avere molto meno tempo. Ti ricordo che la tempistica è 90 giorni.

 

Poi va dal suo medico, prende un appuntamento, lui fa un certificato e devono passare altri sette giorni prima che legalmente quel certificato abbia valore. La cosiddetta riflessione. Da li si cerca una struttura che possa accoglierti e no, non tutte le ASL o le strutture private accettano pazienti non appartenenti alla propria. Anzi. Nella Lombardia da te citata le strutture private non praticano IVG.

Quindi la solita signora Irpina che, poverina, ha la colpa di abitare in provincia di Avellino riesce ad ottenere un appuntamento in Campania tra tre mesi e quindi nisba o in Toscana dopo un mese e deve pregare il suo Dio, se ci crede, che l'appuntamento non slitti per qualsivoglia motivo rendendo la sua richiesta nulla perchè supera i 90 giorni.

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